Mercoledi, 24 aprile 2024 - ORE:04:54

Farmaci equivalenti, un sentiero tortuoso e sconosciuto

farmaci equivalenti

I farmaci equivalenti sono una svolta epocale e molto importante per tutti noi. Nel nostro Paese, solo il 15% dei farmaci venduti e’ generico o equivalente, contro una media europea del 50% e con punte eclatanti quali l’83% dell’Inghilterra. La causa di un tale divario e’ dovuta ad una coalizione disinformativa molto forte nel nostro Paese e funzionale agli interessi delle multinazionali del farmaco.

I danni sono enormi

Sono gravissimi i danni subiti dalle famiglie e dal Sistema Sanitario Nazionale: stimabili, secondo i calcoli dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, nel decennio trascorso, in 5,4 miliardi di Euro. Risorse che avrebbero potuto, ad esempio, essere utilizzate per diminuire i tempi di attesa per gli esami specialistici, grave piaga della sanità nel nostro Paese. Per fare ulteriore chiarezza, equivalente.it, ha intervistato il dottor Giorgio Foresti, presidente di Assogenerici (Associazione Nazionale Industrie Farmaci Generici).

Qual è lo stato attuale delle cose?

La novità riguarda solo i farmaci rimborsabili con un risparmio a tutto vantaggio di Stato e cittadini; a tal proposito si sta facendo un po’ di confusione, ma ciò non mi stupisce. Così come non mi sorprendono le affermazioni veicolate da alcuni mezzi d’informazione riguardo la presunta “marcia indietro” del Governo, dietrofront che non c’è assolutamente stato. Il provvedimento è passato come doveva, fissando nella data del 31 luglio un giorno epocale per l’Italia: è finito il monopolio del farmaco di marca e con la spending review si apre finalmente agli equivalenti generici, come già accade nel resto d’Europa e in Nordamerica.
È giusto sapere che in Italia a un nuovo prodotto immesso sul mercato ne corrispondevano in media altri quattro con nome di fantasia, “etichette” frutto di operazioni di comarketing fra scopritore e altre aziende in prevalenza italiane che, attraverso l’attività di informazione medico scientifica, ne affermavano il marchio presso la classe medica.

La normativa vigente ha tagliato veramente con il passato?

Un modello chiuso che rendeva difficilmente sostituibili tra loro i medesimi medicinali etichettati, appunto, con nomi e confezioni diverse. È questo il sistema che ha favorito la grande affezione al farmaco “madre” e la conseguente difficoltà di far utilizzare il relativo equivalente generico alla scadenza del brevetto, un medicinale bioequivalente il cui nome è quello del principio attivo; è il principio attivo a curare, non la marca.
Oggi, con la nuova normativa, la situazione è radicalmente cambiata.

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