Mercoledi, 24 aprile 2024 - ORE:22:18

Greta e Vanessa sono salve ma i conti non tornano

vanessa e greta

greta e vanessa

Il 16 Gennaio, dopo circa sei mesi di prigionia, sono atterrate in Italia Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due cooperanti rapite in Siria nell’agosto scorso.

Le immagini del loro ritorno sono state trasmesse dalle emittenti di tutto il mondo. l’Italia ha tirato un sospiro di sollievo quando il ministro Gentiloni ha abbracciato le due ragazze, che sono scampate a un vero e proprio inferno e che ci hanno tenuto con il fiato sospeso per tutto questo tempo. L’unica testimonianza della loro effettiva sopravvivenza era stato quel video di 23 secondi pubblicato su Youtube in cui Greta pregava, in inglese, che il governo facesse di tutto per portarle a casa sane e salve.

Un passo indietro per fare chiarezza: Horryaty

Greta e Vanessa sono due delle figure più chiacchierate in questi giorni nel nostro paese, al centro di una polemica enorme; guardiamo un po’ alla loro storia, cerchiamo di capire chi fossero prima del rapimento e cosa ha creato questa confusione e lotta d’opinioni.

Le due ragazze, poco più che ventenni, si presentavano come giovani interessati alla difesa dei diritti umani in paesi dove questi sono poco più che un miraggio. Entrambe studentesse, erano già state in zone disastrate prima di quel fatidico viaggio in Siria. Ecco come loro stesse si presentavano sulla pagina facebook Horryaty la ONG “fai da te” che avevano messo su le ragazze insieme a Roberto Andervillfabbro 47enne di Varese che promuoveva azioni umanitarie e raccolta fondi per comprare beni di prima necessità in Turchia per poi portarli in territorio siriano.

Se si scorre la pagina Facebook, si nota la vera e propria mancanza di organizzazione di questo progetto, che contava solo su questa piattaforma come mezzo di comunicazione con il pubblico. Greta e Vanessa aggiornavano raramente il profilo con qualche foto di carichi di pacchi di cibo, latte in polvere e qualche ricevuta, per chiarire dove andassero a finire i soldi dei probabili sostenitori.

Insieme al loro socio Roberto, Greta e Vanessa erano arrivate in Siria a marzo scorso, per perlustrare i territori e studiare un piano d’azione per la distribuzione di kit medici che sarebbero stati portati la volta successiva. Hanno anche frequentato dei corsi di infermieristica e hanno istruito altri ragazzi al pronto soccorso.

Vanessa era stata anche intervistata durante una marcia a Milano in memoria delle vittime della guerra civile in Siria, occasione per la quale si era esposta in prima persona come una delle “anime” della manifestazioni. Insomma, entrambe erano molto attive, consideravano la questione di importanza vitale e avrebbero fatto di tutto per lottare in ciò in cui credevano.

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Greta e Vanessa: dubbi e conti che non tornano

La procura di Roma ha aperto un fascicolo sulla rete dei siriani che vive nella zona di Bologna: rete con cui Greta e Vanessa ragazze erano entrate in contatto e di cui si fidavano tanto da organizzare con loro in segreto il viaggio in Siria.

Queste figure fanno capo alla resistenza al regime di Assad della città di Homs, punto nevralgico per coloro che si schierano contro il regime ma dove si crea non poca confusione tra i vari gruppi: dal poco organizzato Esercito Libero Siriano (formato da un’unione di studenti, cittadini e sostenitori stranieri) ai gruppi fondamentalisti islamici legati in qualche modo ad Al Qaeda (non all’Isis).

Uno dei rimproveri mossi a Greta e Vanessa è proprio questo: perché due ragazze così giovani hanno deciso di partire senza alcuna protezione, con un’associazione per nulla garante della loro sicurezza?

E poi c’è la storia dell’inchiesta dei ROS, aperta però prima della loro partenza in seguito ai contatti tra le due e un pizzaiolo di Bologna, che tenevano d’occhio da parecchio perché sospetto militante islamico.

E dalle intercettazioni pare che le due ammettessero di essere intenzionate a portare si, aiuti umanitari alla popolazione civile martoriata da una guerra dove non c’è giustizia, ma anche kit “speciali” per i combattenti del fronte opposto ad Assad, i combattenti islamici.

Foto di questi kit sono state anche trovate in rete, e si presentavano come sacchetti mimetici con dentro il necessario per curare le ferite di guerra.

Questo è stato smentito dalle due ragazze naturalmente, che hanno negato qualunque coinvolgimento con i ribelli siriani. Ma ora sono, giustamente provate e traumatizzate, non sappiamo l’orrore a cui hanno dovuto assistere e non potremmo nemmeno lontanamente immaginarlo.

L’Italia divisa

Intanto l’Italia (e non solo) si divide. Ci sono quelli indignati per il riscatto pagato per liberarle come il Segretario federale della Lega Matteo Salvini. Essi credono che pagare un riscatto ai terroristi per salvare la vita di due “incoscienti” sia solo un alimentare le possibilità di attacchi internazionali. Tutto questo visto in un’ottica post-Charlie Hebdo.

“Ci sono paesi che si sono dichiarati contro il pagamento dei riscatti alle cellule terroristiche in zone di guerra, e i volontari di questi paesi se decidono di partire partono con questa consapevolezza”. Ma è giusto mettere un prezzo alla vita umana?

Poi ci sono quelli che credono che dietro la loro missione umanitaria ci fosse altro, la passione per il mondo islamico, i contatti con alcuni combattenti siriani che loro chiamavano “brothers” sui post di Facebook. Greta e Vanessa erano partite per sostenere qualche frangia combattente del Free Syrian Army

Ci sono vere e proprie fazioni, gruppi che si contendono la ragione come durante una partita di calcio; tutti vogliono dire la loro, tutti cercano di scavare a fondo e fare chiarezza su cose che però solo Greta e Vanessa potranno, se vorranno, chiarire.

E mentre aspettiamo svolgimenti successivi, aspettiamo di sapere cosa ha spinto effettivamente Greta e Vanessa, due ragazze di 20 e 21 anni a rischiare la loro vita e cosa hanno visto in quei lunghi mesi di prigionia, il nostro sguardo non deve fermarsi ai giudizi superficiali e meschini di chi ha semplicemente paura: dobbiamo far entrare la ragione nelle nostre case, non puntare il dito e soprattutto non dimenticare che dietro tutta questa storia, c’è l’enorme tragedia di una guerra, e che accusare di “leggerezza” chi tenta tutto, rischia tutto, per portare un minimo aiuto anche solo sotto forma di provviste e qualche medicinale, dimostra di non guardare al di là del proprio naso.

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