Mercoledi, 24 aprile 2024 - ORE:22:25

Omicidio Polizzi, l’arma del delitto inchioda Riccardo Menenti

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Valerio muto davanti al gip, ma loquace su Facebook. Riccardo, il padre, urla dal carcere l’innocenza per entrambi, ma l’esito delle analisi potrebbe aver chiuso il cerchio sulla tragedia che gli inquirenti inscrivono in un triangolo passionale e di vendetta.
Da indiscrezioni sui primi riscontri risulterebbero infatti appartenenti a Riccardo Menenti alcune tracce ematiche trovate sulla pistola, sul pianerottolo e in casa di Julia Tosti, dove la notte del 26 marzo è stato ucciso Alessandro Polizzi.

La svolta del giallo sarebbe dunque arrivata. Le conferme ufficiali sono attese nelle prossime ore, ma l’ultimo colpo alla difesa di Valerio, accusato di essere il mandante, e di Riccardo Menenti, l’esecutore, potrebbe arrivare proprio da quelle tracce di sangue trovate sulla pistola finita sotto il tavolino dell’ingresso della casa di via Ettore Ricci, accanto al corpo di Alessandro, ma anche in casa e sul pianerottolo, dove era stata trovata l’impronta considerata del killer.

Giunti, intanto, i risultati delle analisi

Nel frattempo arriveranno anche i risultati delle analisi fatte tra venerdì e sabato con il luminol sulle auto e nella casa dei Menenti a Frontignano di Todi, dove uomini della squadra mobile diretta da Marco Chiacchiera erano arrivati già cinque ore dopo l’omicidio di Alessandro. E proprio in casa, come sul furgone bianco di Riccardo, il luminol avrebbe acceso alcune macchie su cui è al lavoro la polizia scientifica. Gli accertamenti sono andati avanti venerdì fino all’una di notte e per tutta la giornata di sabato, davanti agli avvocati dei Menenti, Luca Patalini e Alessia Papi, della famiglia Polizzi, Nadia Trappolini (che li assiste insieme a Giovanni Rondini) e l’avvocato Luca Maori per Julia Tosti.

Su questo fronte, ancora nessuna certezza, perchè quanto viene fuori dalle tracce trovate sia sul furgone (otto tra cambio, volante, acceleratore, freccia e posto di mezzo del sedile) che nei due piani del casolare (dove c’è il letto sfatto solo a metà e il caminetto con i carboni «ancora troppo accesi» per essere stati bruciati prima di andare a dormire in un orario “normale”) è che si tratti di tracce di entità non particolarmente grande.

Su Facebook Valerio parla, eccome

Valerio su Facebook. Mentre si attendono risultati e conferme ufficiali, c’è chi (si immagina un parente o un amico molto vicino) da ieri mantiene attivo il profilo Facebook di Valerio, attualmente nel carcere di Capanne. A suo nome, qualcuno ha postato diversi messaggi, in mezzo a quelli di chi vuole stare vicino al tatuatore, che addirittura sul social network ha ampliato il numero dei suoi amici virtuali. «Ragazzi perché credete a quello che vedete e non a ciò che sapete», «Abbiate la forza ed il coraggio di venirmi a parlare», «Avete dimenticato Valerio quello vero la memoria a cosa serve». Domande senza punti interrogativi e senza risposte, se non diversi “mi piace”.

Come la trentina a commentare un «Vale daje», per dare forza al ragazzo accusato di omicidio pluriaggravato e tentato omicidio. E dopo alcuni grazie a persone evidentemente vicine ai Menenti, addirittura una riflessione e una richiesta. A nome di chi al momento sta in carcere. «Che ne pensate dei divi inconfettati in tv? I riflettori abbaglianti cosa c’entrano con questa tragedia? Silenzio».

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