Martedi, 23 aprile 2024 - ORE:15:45

Le polemiche sullo zoo di Napoli

zoo di napoli

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Incarcerati con nessuna accusa

Le decine di partecipanti  si sono sistemati ai lati dell’ingresso del parco zoologico in modo pacifico, mostrando i loro cartelloni e distribuendo volantini e palloncini ai visitatori che si avvicinavano all’ingresso del parco, rubandogli solo pochi secondi del loro tempo per parlare delle vere condizioni in cui gli animali tenuti lì si trovano, e la realtà dietro la bella facciata presentata sul sito e sulla pagina Facebook.

Torniamo un po’ indietro, riassumendo a grandi linee quella che è la storia dello zoo di Napoli.

Aperto nel 1949, lo zoo rientrava nella cornice del progetto urbanistico che mirava a trasformare la zona di Fuorigrotta (quartiere napoletano) in un’area ricca di poli d’intrattenimento per tutti i cittadini. Quando nel 1940 la Mostra d’Oltremare fu realizzata, i progettisti pensarono immediatamente a un parco zoologico che potesse raccogliere le specie più particolari; per molto tempo è stato considerato uno dei centri di maggiore successo nella riproduzione di specie rare e ha portato alla nascita, assieme a quello di Roma, della Associazione Europea Zoo e Acquari.

Con l’avvento degli anni ’80, lo zoo ha smesso di “brillare” a causa di problemi di diversa natura, economica e burocratica soprattutto, rimanendo indietro sul piano della modernizzazione delle strutture e dell’acquisto di nuove specie particolari.

Questo momento segnò l’inizio di un degrado incalzante che ha danneggiato in primo luogo gli ospiti dello zoo, gli animali, gli unici veri interessati.

Dal 2004 la società OSAI srl, proprietaria del contiguo parco dei divertimenti Edenlandia (altra storia di abbandono che andrebbe raccontata, simbolo dell’infanzia di migliaia di cittadini napoletani), realizzò un progetto di recupero e modernizzazione del parco zoologico che però non è mai stato realizzato; nel 2013 un imprenditore napoletano lo ha rilevato manifestando l’intenzione di riportarlo all’antico successo.

Ed è qui che inizia il nostro racconto, è a questo punto che molti si sono insospettiti; sembra che effettivamente delle opere di miglioria siano state apportate sotto l’aspetto architettonico e della flora, un tempo quasi completamente appassita.

Il progetto prevede, entro l’estate 2015, l’arrivo di diverse nuove specie da altri zoo europei e la nascita di nuove aree tematiche. Questo mese sono già state inserite le foche, presentate con grande impazienza sulle pagine dei social dello zoo. L’idea è quella di trasformarlo in un vero e proprio bioparco al pari dei grandi giardini zoologici europei.

Qual’è la realtà dello zoo di Napoli?

Ma come stanno effettivamente le cose? Gli animali soprattutto, come stanno? La prima cosa che si riesce a carpire parlando con i partecipanti è che questi animali hanno poco spazio, troppo poco. Le tigri si muovono in recinti, gabbie, troppo piccole e presentano comportamenti tipici di stress e nervosismo, passeggiando ossessivamente nei loro piccoli spazi.

Nonostante i tentativi di mettere a norma le strutture, gli ospiti animali dello zoo di Napoli sono costretti in gabbie, senza mezzi termini: spesso non hanno a disposizione nemmeno una goffa riproduzione del loro ambiente naturale.

“Gli animali degli zoo sono prigionieri senza colpa, portereste i vostri figli in un carcere a vedere i detenuti per puro scopo diversivo?”Bè almeno lì sarebbero dei veri colpevoli. Cosa hanno fatto le tigri per pagare un prezzo così alto come la privazione della libertà?

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La protesta degli attivisti di LAV -Lega Anti Vivisezione- di Napoli , che hanno ricostruito una gabbia “simbolica” nei pressi della biglietteria, puntava proprio a infastidire i passanti e futuri visitatori del parco, facendogli vedere il mondo con gli occhi di questi prigionieri senza colpa: “noi potremmo uscire, loro non possono!”.

Molte famiglie in visita si sono mostrate poco interessate e quasi infastidite dalla presenza dei manifestanti, mentre altre si sono fermate e hanno ascoltato le motivazioni; i momenti più belli sono stati quelli in cui alcuni hanno deciso di non finanziare questa prigione e hanno deciso di insegnare ai loro bambini che è sbagliato mettere in gabbia gli animali.

Alcuni bambini stessi, incuriositi dagli striscioni, si sono avvicinati preoccupati chiedendo perché gli orsi e i leoni fossero tristi, e con la sensibilità che solo i bambini sanno dimostrare, hanno chiesto ai loro genitori di non andarci più. Piccole vittorie per una guerra troppo grande per adagiarvisi.

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“È proprio ai più giovani che ci vogliamo rivolgere, alle future generazioni; da tempo portiamo avanti attività di sensibilizzazione sul suolo napoletano con raccolte di firme, stand e attività volte all’educazione nelle scuole, portando avanti anche azioni giuridiche quando ce n’è necessità” così Luigi Civita di LAV Napoli ci racconta cosa fa quotidianamente da ormai 20 anni, insieme agli altri attivisti, di tutte le età.

La giornata è stata un piccolo successo, nonostante i momenti di sconforto tipici di queste manifestazioni. Molti adulti si sono dimostrati poco sensibili, dichiarando che i bambini non possono capire questioni del genere e che quindi è inutile privarli di un semplice divertimento, senza alcuno scopo educativo, o nascondendosi dietro la mancanza di attività per famiglie e soprattutto per i più piccoli.

Tutto questo per nascondere una mancanza di iniziativa, perché prendere in mano un cartellone e far sentire la propria voce è probabilmente troppo difficile, troppo diverso; è così che molte volte si etichetta chi, nonostante lo sconforto generale tipico della nostra era, decide di lottare, di non arrendersi. Chi non accetta frasi del tipo “ il mondo va così, non puoi farci niente”.

Invece no, bisogna lottare, bisogna aggrapparsi a un ideale, perché, per citare uno dei miei 3 film preferiti, che mi ha insegnato tanto, “C’è del buono in questo mondo, padron Frodo. È giusto combattere per questo”.

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